I credenti non devono rifugiarsi «in una vita
tranquilla»
I guai di san Paolo
Tratto da:
L’Osservatore Romano del 17/05/2013
Con la sua testimonianza di verità il cristiano deve «dar fastidio» alle
«nostre strutture comode», anche a costo di finire «nei guai», perché
animato da una «sana pazzia spirituale» per tutte «le periferie
esistenziali». Sull’esempio di san Paolo, che passava «da una battaglia
campale a un’altra», i credenti non devono rifugiarsi «in una vita
tranquilla» o nei compromessi: oggi nella Chiesa ci sono troppo «cristiani
da salotto, quelli educati», «tiepidi», per i quali va sempre «tutto bene»,
ma che non hanno dentro l’ardore apostolico. È un forte appello alla
missione — non solo nelle terre lontane ma anche nelle città — quello che
Papa Francesco ha lanciato stamani, giovedì 16 maggio, nella messa celebrata
nella cappella della Domus Sanctae Marthae.
Punto di partenza della sua riflessione il passo degli Atti degli apostoli
(22, 30; 23, 6-11) che vede protagonista appunto san Paolo nel pieno di una
delle sue «battaglie campali». Ma stavolta, ha detto il Papa, è una
battaglia «anche un po’ iniziata da lui, con la sua furbizia. Quando si è
accorto della divisione fra quelli che lo accusavano», tra sadducei e
farisei, ha fatto in modo che andassero «uno contro l’altro. Ma tutta la
vita di Paolo era di battaglia campale in battaglia campale, di persecuzione
in persecuzione. Una vita con tante prove, perché anche il Signore aveva
detto che questo sarebbe stato il suo destino»; un destino «con tante croci,
ma lui va avanti; lui guarda il Signore e va avanti».
E «Paolo dà fastidio: è un uomo — ha spiegato il Pontefice — che con la sua
predica, con il suo lavoro, con il suo atteggiamento dà fastidio perché
proprio annuncia Gesù Cristo. E l’annuncio di Gesù Cristo alle nostre
comodità, tante volte alle nostre strutture comode, anche cristiane, dà
fastidio. Il Signore sempre vuole che noi andiamo più avanti, più avanti,
più avanti». Vuole «che noi non ci rifugiamo in una vita tranquilla o nelle
strutture caduche. E Paolo, predicando il Signore, dava fastidio. Ma lui
andava avanti, perché aveva in sé quell’atteggiamento tanto cristiano che è
lo zelo apostolico. Aveva proprio il fervore apostolico. Non era un uomo di
compromesso. No! La verità: avanti! L’annuncio di Gesù Cristo: avanti! Ma
questo non era soltanto per il suo temperamento: era un uomo focoso».
Tornando al racconto degli Atti, il Papa ha rilevato come «anche il Signore
s’immischia» nella vicenda, «perché proprio dopo questa battaglia campale,
la notte seguente, dice a Paolo: coraggio! Va’ avanti, ancora di più! È
proprio il Signore che lo spinge ad andare avanti: “Come hai testimoniato a
Gerusalemme le cose che mi riguardano, così è necessario che tu dia
testimonianza anche a Roma”». E, ha aggiunto il Papa, «fra parentesi, a me
piace che il Signore si preoccupi di questa diocesi fin da quel tempo: siamo
privilegiati!».
«Lo zelo apostolico — ha quindi precisato — non è un entusiasmo per avere il
potere, per avere qualcosa. È qualcosa che viene da dentro e che lo stesso
Signore vuole da noi: cristiano con zelo apostolico. E da dove viene questo
zelo apostolico? Viene dalla conoscenza di Gesù Cristo. Paolo ha trovato
Gesù Cristo, ha incontrato Gesù Cristo, ma non con una conoscenza
intellettuale, scientifica — è importante perché ci aiuta — ma con quella
conoscenza prima, quella del cuore, dell’incontro personale. La conoscenza
di Gesù che mi ha salvato e che è morto per me: quello proprio è il punto
della conoscenza più profonda di Paolo. E quello lo spinge a andare avanti,
annunciare Gesù».
Ecco allora che per Paolo «non ne finisce una che ne incomincia un’altra. È
sempre nei guai, ma nei guai non per i guai, ma per Gesù: annunciando Gesù,
le conseguenze sono queste! La conoscenza di Gesù Cristo fa che lui sia un
uomo con questo fervore apostolico. È in questa Chiesa e pensa a quella, va
in quella e poi torna a questa e va all’altra. E questa è una grazia. È un
atteggiamento cristiano il fervore apostolico, lo zelo apostolico».
Papa Francesco ha poi fatto riferimento agli Exercitia spiritualia di
sant’Ignazio di Loyola, suggerendo la domanda: «Ma se Cristo ha fatto questo
per me, cosa devo fare io per Cristo?». E ha risposto: «Il fervore
apostolico, lo zelo apostolico si capisce soltanto in un’atmosfera di amore:
senza l’amore non si capisce perché lo zelo apostolico ha qualcosa di
pazzia, ma di pazzia spirituale, di sana pazzia. E Paolo aveva questa sana
pazzia».
«Chi custodisce proprio lo zelo apostolico — ha proseguito il Pontefice — è
lo Spirito Santo; chi fa crescere lo zelo apostolico è lo Spirito Santo: ci
dà quel fuoco dentro per andare avanti nell’annuncio di Gesù Cristo.
Dobbiamo chiedere a lui la grazia dello zelo apostolico». E questo vale «non
soltanto per i missionari, che sono tanto bravi. In questi giorni ho trovato
alcuni: “Ah padre, è da sessant’anni che sono missionario nell’Amazzonia”.
Sessant’anni e avanti, avanti! Nella Chiesa adesso ce ne sono tanti e
zelanti: uomini e donne che vanno avanti, che hanno questo fervore. Ma nella
Chiesa ci sono anche cristiani tiepidi, con un certo tepore, che non sentono
di andare avanti, sono buoni. Ci sono anche i cristiani da salotto. Quelli
educati, tutto bene, ma non sanno fare figli alla Chiesa con l’annuncio e il
fervore apostolico».
Il Papa ha invocato quindi lo Spirito Santo perché «ci dia questo fervore
apostolico a tutti noi; ci dia anche la grazia di dar fastidio alle cose che
sono troppo tranquille nella Chiesa; la grazia di andare avanti verso le
periferie esistenziali. La Chiesa ha tanto bisogno di questo! Non soltanto
in terra lontana, nelle Chiese giovani, nei popoli che ancora non conoscono
Gesù Cristo. Ma qui in città, in città proprio, hanno bisogno di questo
annuncio di Gesù Cristo. Dunque chiediamo allo Spirito Santo questa grazia
dello zelo apostolico: cristiani con zelo apostolico. E se diamo fastidio,
benedetto sia il Signore. Avanti, come dice il Signore a Paolo:
“Coraggio!”».
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