L'Insegnamento di san Basilio sul Santo Spirito
1. I pneumatomachi
Durante
la prima fase della controversia ariana i teologi si erano esclusivamente
preoccupati del problema della situazione del Figlio nella Trinità. Benché fosse
evidente che, negando la divinità della natura del Figlio, gli ariani a maggior
ragione avrebbero negato la divinità dello Spirito, gli aderenti al dogma di
Nicea presero la risoluzione di combattere lungo il fronte in cui l’attacco era
più grave. La pneumatomachia fece la sua apparizione quando si distinsero tra
gli ariani gruppi di varia tendenza; particolarmente quando alcuni di loro
cominciarono ad ammettere la divinità del Figlio, come la formula homoousios, ma
in tutti i suoi significati.
Verso il 360 apparvero i primi pneumatomachi: i tropicisti d’Egitto e
gli anomei dell’Asia minore. Quest’ultimi avevano una modesta opinione riguardo
al Figlio e allo Spirito. Nel 370 gli irriducibili pneumatomachi si allearono in
una particolare fazione diretta da Eustazio di Sebaste il quale riunì gli omeani
e gli omeousiani. Sono costoro che vengono propriamente detti pneumatomachi dal
momento che, in confronto agli anomeani avevano un concetto più elevato del
Figlio.
San Basilio tendeva a supporre che i pneumatomachi, quando cercavano di
diminuire l’eminente posizione dello Spirito, fossero condotti da presupposti
logici. In realtà la loro maniera di pensare era determinata da diverse
motivazioni.
Prima di tutto, l'assenza d'una esplicita menzione sulla divinità dello
Spirito nella Bibbia infonde l'impressione che i partigiani della divinità dello
Spirito introducessero nella Chiesa una divinità che non fosse attestata e che
fosse, di conseguenza, inaccettabile. In secondo luogo, il concetto della
trascendenza assoluta di Dio escludeva la divinità dello Spirito e dei suoi
interventi negli uomini e nel mondo. In terzo luogo, un certo rigore logico
vuole che se anche lo Spirito è Dio, si affonda nel triteismo.
Coloro che negavano la divinità dello Spirito avrebbero potuto
rispondere alla domanda: "Cos'è esattamente lo Spirito?" allo stesso modo dei
monarchiani dinamici per i quali lo Spirito non è una persona ma semplicemente
una potenza (dynamis). San Basilio non si è confrontato con questa risposta.
Inoltre essi avrebbero potuto pure rispondere che lo Spirito è una persona ma
non divina. Chi risponde in tal modo parte dal principio che gli esseri esistono
sia come ingenerati, come Dio, sia come generati, come il Figlio, sia infine
come creature. Lo Spirito non appartenendo né alla prima né alla seconda di
queste categorie, è necessariamente posto tra le creature. Tuttavia costoro, per
fronteggiare le obiezioni degli ortodossi, hanno trovato una posizione tra Dio e
le creature in modo da porre lo Spirito al livello d'un essere semidivino (1).
Detto diversamente, lo Spirito non è un servitore, come nel caso degli esseri
creati, non è neppure un signore com'è Dio. È, piuttosto, una terza realtà
indipendente (2).
Essi hanno formulato quest'opinione teologicamente e liturgicamente
assegnando al Padre, come creatore, il ex hou (dal quale), al Figlio come
servitore il di' hou (per il quale) e allo Spirito in quanto contiene in se
stesso il tempo e lo spazio, il en hô (nel quale) (3).
Un terzo gruppo, senza considerare lo Spirito come Dio, lo caratterizza
come divino subordinandolo e ponendolo al terzo posto dopo il Padre e il Figlio
(4).
2. Le fonti di san Basilio riguardanti la dottrina dello Spirito Santo
Sul versante
ortodosso, i primi che hanno affrontato il problema riguardante lo Spirito
Santo, in maniera specifica durante questo periodo, sono Atanasio il Grande e
Didimo il Cieco. Gli scritti autentici di Didimo su questo problema apparvero
più tardi dell'anno 360 e, di conseguenza, tennero conto delle sette
pneumatomache più tardive. Comunque, pure se si sono diffusi dopo il 381,
comportano probabilmente argomenti che egli ha insegnato abbastanza presto alla
scuola teologica di Alessandria. Sia Gregorio il Teologo sia Basilio il Grande
probabilmente conoscevano le sue opinioni sullo Spirito prima della
pubblicazione dei suoi scritti perché verosimilmente ne avevano seguito i corsi.
Ciò spiega in parte la similitudine delle loro dimostrazioni in rapporto alle
prove del loro maestro alessandrino.
Basilio ha dedicato a questo problema uno scritto particolare: De
Spiritu Sancto ad Amphilochium, nel quale giustifica la forma simmetrica della
dossologia (Gloria al Padre e al Figlio e al Santo Spirito) impiegata
correntemente con la formula asimmetrica dominante (Gloria al Padre, per il
Figlio nel Santo Spirito) e presenta un insegnamento d'insieme sullo Spirito. La
dottrina di Basilio è ugualmente completata da quanto dice nel terzo libro della
sua opera Contro Eunomio, nel trattato Contra Sabellium, Arium et Anomoium e in
alcune delle sue Lettere.
Come tutti gli ortodossi, Basilio è stato accusato dagli eretici
d'essere un innovatore perché riconosceva la divinità dello Spirito. Inoltre è
stato violentemente accusato d'introdurre una nuova forma simmetrica di
dossologia. Difendendosi da quest'accusa, Basilio è stato assolutamente sincero,
dal momento che era perfettamente certo che la sua pneumatologia discendeva
direttamente dalla tradizione e dalla vita della Chiesa: "Come potrei essere un
innovatore, un creatore di nuove formule, dal momento che cito quali autori e
campioni della Parola, nazioni intere, città, usi che risalgono prima di ogni
memoria umana, uomini che sono stati pilastri della Chiesa e che sono stati
illustrati per la loro conoscenza e la loro potenza spirituale?" (5).
Nel Nuovo Testamento, Basilio non trovò solo la formula battesimale
trinitaria nella quale la personalità e la divinità dello Spirito erano
liberamente significate - perché poste a fianco delle formule paoline che
trattano sullo Spirito (6) -, trovò anche nomi come "paraclito, santo, unto,
Signore, Dio" che testimoniavano la comunione (7) con Dio e le energie dello
Spirito non convenienti che a Dio come, ad esempio, la conoscenza delle
profondità divine (8).
Basilio non si accontenta della semplice citazione della Scrittura
poiché anche i suoi avversari ne invocavano l'autorità. Ora, più che a qualsiasi
epoca, s'imponeva la difesa d'una dottrina attraverso il richiamo alla
tradizione. Precedentemente le discussioni dogmatiche erano limitate al Padre e
al Figlio attorno ai quali esistevano abbondanti testimonianze scritturistiche.
Quando l'interesse si concentrò sullo Spirito, le testimonianze bibliche erano
insufficienti.
Dopo Basilio tutta la tradizione della Chiesa, che ha uguale valore
della Scrittura poiché ne esprime lo spirito (9), esplicita la divinità dello
Spirito: "Non separate lo Spirito Santo dal Padre e dal Figlio; riverite la
tradizione. È in questa maniera che il Signore ha insegnato, che gli apostoli
hanno predicato, che i Padri hanno conservato e i martiri confermato" (10). Tra
i Padri, Basilio menziona il nome d'Ireneo, di Clemente d'Alessandria,
d'Origene, di Gregorio il Taumaturgo e d' "Atenogene" come testimoni della
tradizione kerigmatica conosciuta a riguardo della dottrina del Santo Spirito
quale persona divina (11).
Comunque Basilio insiste maggiormente sulla tradizione dogmatica non
scritta. Secondo la sua visione, che coincide in gran parte con il punto di
vista dell'antica scuola alessandrina, gli apostoli e i Padri hanno conservato
una parte della verità nascosta nei sacramenti e nei riti in generale: "Il dogma
è una cosa, il kerygma un'altra. Se il primo è conservato nel silenzio, il
secondo è proclamato" (12).
Il kerygma contenuto nelle Scritture e negli scritti dei Padri è
trasmesso ai membri della Chiesa e a coloro che ne sono all'esterno attraverso
la predicazione. Il dogma non contraddice il kerygma: ne dona l'interpretazione
e un'intelligenza più profonda ma non è formulato. È un'esperienza vivente delle
verità della fede nella vita generale e in quella sacramentale della Chiesa.
Compreso in questo modo, il dogma non fa parte d'una tradizione segreta,
nascosta alla gran massa dei fedeli poiché è la proprietà comune di tutti coloro
che partecipano alla vita della Chiesa -, anche se vi fosse una certa
dissimulazione attraverso i secoli, dissimulazione accentuata dalla lettura
segreta delle preghiere liturgiche e dall'erezione dell'iconostasi per
nascondere la santa tavola. In ogni caso, le Scritture, l'insegnamento dei
Padri, la confessione della fede, i sacramenti e il culto in generale,
costituiscono parti legate tra loro delle quali ogni formulazione su uno
specifico soggetto deve tenere conto; "noi dobbiamo essere battezzati e
glorificare il Padre, il Figlio e il Santo Spirito, come lo crediamo" (13). Per
la prima volta, il culto d'adorazione che si svolge in un luogo difeso diviene
un mezzo di difesa.
Esistono due mezzi per condurci alla salvezza: la fede e il battesimo.
Il primo è attestato dalla confessione che faceva il battezzato nella quale si
unisce il Padre, il Figlio e il Santo Spirito (14) e che è giustamente
l'antenato della dossologia trinitaria simmetrica (15). Coloro che negano lo
Spirito trasgrediscono naturalmente ogni confessione di fede perché ogni
battezzato deve o assumere la fede intera o rinunciare al nome di cristiano
(16). Il secondo mezzo di salvezza, il battesimo, è ugualmente donato nel nome
del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (17). Il battesimo persegue due
fini: la morte del corpo del peccato, compiuta con l'immersione e la ricezione
della nuova vita suscitata dallo Spirito di vita (18). Coloro che separano lo
Spirito dal Padre e dal Figlio rendono, da una parte, il battesimo incompleto e,
dall'altra, fanno della confessione di fede una realtà inadeguata (19). È
sicuramente impossibile essere battezzati allo stesso tempo nel nome di due
esseri divini e d'un essere creato (20).
Da questi passi emerge chiaramente che Basilio attribuiva una grande
importanza all'esperienza pneumatologica del cristiano. Quest'esperienza
comincia con la partecipazione del cristiano al sacramento del battesimo. I
bisogni spirituali dei cristiani esigono la divinità dello Spirito e la loro
esperienza lo conferma. Se lo Spirito fosse una creatura, la dottrina della
Trinità e la possibilità d'una deificazione dell'uomo sarebbero distrutti. Ne
conseguirebbe l'affondamento di tutta la struttura della Chiesa. È perciò che
Gregorio il Teologo esclama: "Se il Santo Spirito non è Dio che lo divenga e che
in seguito mi deifichi come suo eguale!" (21).
3. Il doppio aspetto della dottrina del Santo Spirito
Ogni realtà
concernente Dio è irraggiungibile, è fuori dalla portata dello spirito umano. In
effetti Dio partecipa ad una sfera d'esistenza nella quale l'uomo non può
penetrare. Ogni conoscenza religiosa sarebbe stata impossibile senza averne
avuto rivelazione. San Basilio rifiuta i principi fondamentali dell'insegnamento
dei pneumatomachi e degli ariani, l'impossibilità naturale per Dio di entrare
nella sfera umana, attraverso alcune distinzioni che giocheranno un importante
ruolo nelle discussioni teologiche di dieci secoli più tardi. Se l'uomo, in
quanto tale, non può entrare nel dominio divino, Dio può entrare nel dominio del
mondo che è la sua creazione. Dio vi penetra attraverso la sua rivelazione,
manifestazione della propria persona nel mondo, attraverso le sue energie. Se
ignoriamo Dio nella sua inaccessibile essenza lo conosciamo attraverso le sue
energie che discendono fino a noi (22). Le energie sentite dal nostro senso
spirituale, contribuiscono alla formazione d'una sorta di conoscenza empirica
riguardo le ipostasi della Trinità.
Così la dottrina dello Spirito Santo può rapportarsi sia alla sua
esistenza eterna, sia alla sua attività nel mondo: nel primo caso, lo Spirito è
situato a fianco del Padre e del Figlio; nel secondo è anche con gli uomini:
"Quando consideriamo lo Spirito lo vediamo esaltato con il Padre e il Figlio,
quando invochiamo la grazia comunicata ai suoi partecipanti, vediamo che lo
Spirito Santo è in noi" (23). Per queste ragioni le preposizioni sun (con) e en
(in) sono intercambiabili; così le formule dossolgiche sono entrambe corrette:
la simmetrica esprime il posto dello Spirito nella Trinità e l'asimmetrica
esprime la sua attività nell'economia divina.
Nella sua teologia sullo Spirito, san Basilio - come Atanasio nella sua
teologia sul Figlio - parte da questo secondo aspetto. Dove possiamo situare lo
Spirito? Gli eretici hanno seguito lo schema "ingenerato, generato, creato". Ma
san Basilio rifiuta tale schema affermando che tali categorie non si applicano
allo Spirito poiché egli è lo "Spirito Santo", un nome che esprime ogni cosa.
Esiste una linea di separazione tra Dio e la creazione, e lo Spirito è in una
delle due zone: "Nelle coppie di nomi Dio-creazione, signoria-schiavitù, energia
santificante ed esseri santificati, da qual lato bisogna porre lo Spirito" (24).
È certamente impossibile a colui che santifica e a colui che ha bisogno d'essere
santificato, a colui che insegna e a colui che viene istruito, a colui che
rivela e a colui che ha bisogno di una rivelazione, avere un'identica natura
(25). La creazione è schiava, al punto che lo Spirito libera la personalità
umana e la rende perfetta; non lo si può dunque concepire che di natura divina.
La santificazione e la perfezione non può essere concepita attraverso dei mezzi
creati.
Nel movimento esicasta del XIV secolo incontriamo ulteriormente gli
stessi argomenti, questa volta più sviluppati. Gli esicasti contestano la
possibilità d'una rigenerazione e d'una deificazione dell'uomo attraverso mezzi
creati, li attribuiscono all'energia increata e naturale del solo Spirito.
4. Esistenza eterna dello Spirito
San Basilio, come
molti altri Padri greci della stessa epoca, riconduce la teologia ad una
triadologia e non sviluppa la triadologia come un prodotto del pensiero
filosofico, ma come una verità empirica. Parte dalle ipostasi concrete, attive
nel mondo, per raggiungere l'unità di Dio.
Le ipostasi divine si manifestano in diverse maniere e in diversi luoghi
ma sono apparse in particolari attività in maniera più totale; il Padre nella
creazione, il Figlio nell'opera della rigenerazione e lo Spirito nella vita
della Chiesa. Il Figlio e lo Spirito sono venuti nel mondo in un senso reale.
Alcuni Padri, come Cirillo di Gerusalemme (26) e Gregorio il Teologo (27) ad
esempio, parlano della venuta, o dell'incarnazione dello Spirito. Anche Basilio
parla della discesa e della dimora nell'uomo dello Spirito anche se non usa lo
stesso vocabolario.
La causalità provoca in Dio la distinzione delle persone che occupano un
determinato posto nella Trinità. Il Padre è ingenerato, il Figlio generato e lo
Spirito procede (28); i loro attributi distintivi corrispondenti sono la
paternità, la filialità e la santificazione (29). Ma dal momento che il termine
gennasthai esprime globalmente un modo di derivazione in maniera comprensibile,
non è la stessa cosa per quanto riguarda il termine ekporeuesthai poiché tale
termine non descrive precisamente l'origine dello Spirito. È questa la ragione
per cui san Basilio afferma che lo Spirito procede in maniera ineffabile (30)
dal Padre; la processione designa la familiarità e preserva un modo d'esistenza
inesprimibile. Tuttavia egli non dubita mai sulla personalità dello Spirito.
In nessuna epoca i Padri, chiunque essi fossero, hanno dichiarato che lo
Spirito procede anche dal Figlio. Certi passi di Cirillo d'Alessandria, parlando
della derivazione dello Spirito dal Figlio, fanno allusione non alla causa ma
alla sua missione; l'intera Trinità partecipa alla sua missione tramite
un'energia comune poiché tutte le energie divine sono comuni all'insieme della
Trinità. Il fatto che le due ipostasi derivino solo dal Padre crea l'impressione
facilmente dissipabile della monarchia dell'ipostasi paterna. Ma le proprietà
del Figlio e dello Spirito non sono certo ritenute inferiori a quelle del Padre;
esse non sono effettivamente distinte che in rapporto alla causa che deve
rimanere rigorosamente unica per evitare ogni specie di dualismo, ma esse non lo
sono in rapporto alla natura increata. Le ipostasi non sono prima, seconda e
terza; esse sono d'uguale valore - e non numerate -, sono designate dal loro
santo nome, un solo Dio, Padre, un solo ingenerato, il Figlio, un solo Santo
Spirito. Ogni genere di subordinazione conduce al politeismo. (31)
Queste distinte ipostasi sono legate in tal maniera che alcuna può
essere concepita senza le altre e che ciascuna presuppone le altre due. Esse
costituiscono tre persone perfette, inseparabilmente unite: "Poiché dov'è
presente il Santo Spirito là è anche il Cristo e dov'è il Cristo anche il Padre
è presente" (32). In tal modo che chiunque non crede nello Spirito non può
certamente credere al Figlio e chi non crede al Figlio non può certamente
credere in Dio Padre (33).
In che consiste l'unità delle ipostasi? Prima di tutto essa può
consistere nella comune ousia. Secondo Aristotele, ousia può significare due
cose: a) quant'è comune a tutti e non può essere percepito che dall'intelletto e
b) l'esistenza individuale. In alcune sue lettere, san Basilio impiega due
espressioni aristoteliche per definire l'ousia (nel primo senso) e l'ipostasi
(ousia nel secondo senso) (34). Di queste categorie non è completamente
soddisfatto perché la logica aristotelica esige delle divisioni e delle
classificazioni ch'egli rigetta assolutamente perché inapplicabili a Dio. A
volte caratterizza le ipostasi come realtà aventi la stessa ousia, homoousios
(35). Egli è conforme al dogma niceno ma cerca d'integrare questa nozione nelle
strutture della triadologia della scuola di Cappadocia nella quale ousia non si
pone ad un livello più elevato rispetto alle persone, come se fosse una sorta di
sorgente dalla quale le persone trarrebbero la loro origine.
Il termine ousia, inoltre, infonde di primo acchito l'impressione d'una
realtà materiale e creata, benché il suo uso in teologia ne abbia fatto divenire
un termine particolare. La maniera con la quale san Basilio evita d'applicare il
termine homoousios al Santo Spirito può spiegarsi considerando le sue esitazioni
davanti al termine ousia, per le ragioni menzionate e per l'altra ragione che la
stessa parola era utilizzata dai pneumatomachi per designare una subordinazione.
San Basilio non si serve di tal termine se non quando è assolutamente
indispensabile. I suoi principi teologici non gli permettevano d'insistere
troppo sull' homoousios. Egli non vuole dare l'impressione che Dio consiste in
questa o quell' ousia, perché è incomprensibile e non può essere definito. Non
esplica l'homoousios identificando l'essenza e l'ipostasi poiché la persona si
confonderebbe, ma distinguendo l'essenza dall'ipostasi, ciò che stabilisce la
distinzione delle persone. Così, in quanto ousia, permane l'illimitata e
incomprensibile visione di Dio. Per evitare ogni malinteso, san Basilio scarta
deliberatamente il termine homoousios per quanto concerne il Santo Spirito, come
farà ulteriormente il secondo concilio ecumenico. Secondo quest'ottica, la
Trinità non è composta da una pluralità di ousia, ma è costituita da tre persone
definite. Poiché le persone hanno il loro valore e la loro individuale dignità -
uguale per tutte e tre - il Santo Spirito possiede lo stesso onore delle altre
persone della Trinità, egli è homotimos.
San Basilio è più a suo agio quando impiega i termini physis e theotês:
"Il Padre, il Figlio e il Santo Spirito hanno la stessa natura e sono un solo
Dio"(36). Il Santo Spirito è "una natura divina e santa"(37). Natura è il
termine che meglio conviene alla persona perché non descrive la costituzione
materiale d'una cosa ma caratterizza il modo d'esistenza.
San Basilio non attribuisce allo Spirito il nome di Dio. Atanasio ha
motivato questo rifiuto per la dispensazione dell'oikonomia e Gregorio il
Teologo l'ha giustificato per ragioni di prudenza. Ma quest'ultimo a volte è
rimasto turbato da tale riserva e gli ha apertamente chiesto fino a quando
nasconderà la luce sotto il moggio (38). Altri hanno considerato Basilio
progressista per quanto riguarda il punto in oggetto mentre gli ariani lo
ritenevano modernista per delle ragioni contrarie. Le opinioni secondo le quali
san Basilio ha formulato il suo insegnamento trinitario, sia per ragioni
d'opportunismo politico sia per simpatia per gli homeousiani, non sembrano
rispondere alla situazione di fatto. Vi sono altre ragioni teologiche
importanti. Nel sistema teologico di Basilio, troviamo Dio (= il Padre), Dio da
Dio (= il Figlio) e Colui che procede da Dio (= lo Spirito). Non dubita che i
tre siano Dio; ma se nomina con logica le tre persone divine, teme d'essere
accusato di adottare tre dei perché sarebbe costretto a porli in un certo ordine
progressivo: primo, secondo e terzo; egli teme inoltre di distruggere il
carattere unico della casualità nella Trinità. Per questa ragione, preferisce
dare alle tre persone i nomi che le distinguono: Padre, Figlio e Santo Spirito.
Il nome del Santo Spirito significa parecchie cose, tra le altre quella ch'Egli
è Dio e ciò rivela che egli accetta l' homoousios. Lo ha chiaramente dichiarato
in conversazioni private da quanto ne afferma Gregorio il Teologo (39). Inoltre
quanto ha detto sullo Spirito era comunque più di quanto altri facevano.
Infatti, altri denominavano il Santo Spirito senza impiegare la formula syn to
pneumati nella dossologia. Ma se è molto importante chiamare Dio il Santo
Spirito, in certe condizioni anche l'uomo viene chiamato Dio! Ecco perché è
molto più importante rivolgerGli preghiere coma ad un Dio.
L'unità delle ipostasi della triade è espressa felicemente
dall'identificazione della potenza, dell'energia e della volontà. Esiste una
corrente indivisa d'energia tra il Padre, il Figlio e lo Spirito: "Così la
maniera di conoscere Dio proviene dall'unico Spirito attraverso il Figlio e va
all'unico Padre e, inversamente, la naturale bontà, la santificazione e
l'ufficio reale vengono dal Padre attraverso il Figlio unigenito verso lo
Spirito" (40). L'attività della Trinità è comune benché certe energie paiano a
volte separarsi a causa delle ipostasi. Nella creazione, ad esempio, il Padre è
la causa iniziale di tutto quanto è creato nel mondo, il Figlio la causa
creatrice e lo Spirito la causa perfezionatrice, ma la sorgente è unica. Senza
dubbio nessuna ipostasi ha attività imperfetta in modo da rendere necessaria
l'attività delle altre. Si tratta d'una volontà unificata; ciascuna ipostasi ha
la volontà d'agire in accordo con le altre (41). Soprattutto l'unità delle
ipostasi è espressa dalla loro comune sorgente, il Padre, com'è stato
precedentemente detto.
San Basilio caratterizza lo Spirito con una perifrasi, come immagine del
Figlio (42), perché in Lui e attraverso di Lui gli uomini vedono il Figlio. Le
ipostasi si fanno ciascuna rivelatrice delle altre agli uomini; lo Spirito
riflette in Se stesso l'immagine del Figlio, il Figlio quella del Padre. Così
l'itinerario della conoscenza di Dio parte dallo Spirito, attraverso il Figlio
per arrivare al Padre. Ma nella Trinità non esiste un'immagine dello Spirito che
lo rende meno conosciuto rispetto alle altre ipostasi. Il Figlio ha parlato del
Padre ed è stato manifestato dallo Spirito che ha parlato nel passato ai profeti
come oggi parla alla Chiesa. Nelle scritture troviamo abbondanti testimonianze
su queste due persone, il Padre e il Figlio. Inoltre, la loro opera è oggettiva
- la creazione del mondo e l'istituzione delle condizioni della rigenerazione
dell'uomo - e cade immediatamente sotto i sensi. Quanto allo Spirito la
Scrittura lo menziona solo occasionalmente. Senza dubbio egli abita nella Chiesa
e si fa conoscere attraverso le sue energie ma l'esperienza spirituale acquisita
dagli illuminati è spesso poco precisa e non permette una completa comprensione
della sua personalità. Per questa ragione i Padri hanno evitato di precisare le
sue origini. Pure il termine di "processione", come abbiamo detto altrove, non
dissipa la nostra ignoranza del modo della sua esistenza, ignoranza che san
Basilio considera d'altronde come senza importanza (43).
È la ragione per cui, interpretando l'origine del Santo Spirito in
termini non biblici, abbiamo proceduto con prudenza: "Poiché è tipico dell'uomo
pio non dire nulla sullo Spirito Santo su ciò che le scritture tacciono e questo
perché è nostra convinzione che l'esperienza e la comprensione a suo riguardo
risiedono per noi nel mondo futuro" (44). Era ugualmente prudente quando
caratterizzava lo Spirito come homoousios e come Dio, come abbiamo già detto. La
Chiesa ha sempre saputo e ha sempre concepito quest'attitudine di prudenza.
Benché abbia composto degli inni allo Spirito non ha composto preghiere che gli
fossero rivolte ad eccezione di una sola. Nelle sue preghiere a Dio essa chiama
in modo generico lo Spirito Santo utilizzando le espressioni: coeterno, di
identico valore, di uguale gloria ed homoousios. L'innologia della Chiesa
riflette l'insegnamento di Gregorio il Teologo che, nella sua maniera di
presentare la divinità dello Spirito era più ardito mentre le preghiere della
Pentecoste riflettono l'insegnamento di Basilio il Grande.
5. L'economia dello Spirito
Le attività dello
Spirito, ineffabili nella loro ampiezza ed innumerevoli (45), si rapportano
all'insegnamento, all'adattamento filiale e, in particolare, alla ripartizione
dei carismi; nessun carisma è accordato alla creatura senza l'azione dello
Spirito (46). San Basilio riassume i loro frutti nei termini di confermazione,
santificazione e perfezione. Il santo così definisce l'attività delle ipostasi
nella creazione delle potenze angeliche: "Di conseguenza il numero tre viene
allo spirito: il Signore ordina il Logos che crea e lo Spirito che consolida.
Ora, cos'è il consolidare se non perfezionare nella santità, questa parola
designa sicuramente il fatto d'essere fermo, immutabile e solidamente fissato
nel bene. Non esiste santificazione senza lo Spirito" (47).
Queste energie si sono manifestate da tutta l'eternità: prima del mondo
invisibile e al di qua del tempo. Esse ricoprono ogni epoca della storia
dell'essere capace di ragione. Basilio sembra escludere la creatura priva di
ragione dall'attività dello Spirito proprio perché solo gli esseri dotati di
ragione e di personalità hanno il bisogno e la capacità di perfezionarsi
elevandosi come personalità. È significativo che san Basilio nel passo della sua
seconda omelia sull'Examerone, dov'è obbligato ad interpretare il testo "E lo
Spirito di Dio si muoveva sulle acque", non presenta un'interpretazione in base
a ciò che crede ma si richiama all'unanime autorità per mostrare che questa
frase biblica significa la vivificazione della natura dell'acqua attraverso lo
Spirito. Egli ha reso perfette le potenze angeliche con la santificazione, al
momento della creazione del mondo, nel corso del progressivo rinnovamento
dell'umanità, egli ha donato uno dei suoi più importanti carismi, la profezia
(48); al momento del vero rinnovamento era presente e attivo con Cristo (49).
Nella vita della Chiesa crea il suo adornamento (50) e al momento dell'ultimo
giudizio sarà con il Giudice (51). Da un certo punto di vista, l'attività per
eccellenza dello Spirito è la continua e attiva conservazione della rivelazione
e la sua ripartizione individuale agli esseri particolari.
Lo Spirito abita nella Chiesa ed è simultaneamente posseduto
dall'insieme dei suoi membri come da ciascuno in particolare. È il legame che
collega i suoi membri nel tempo e nello spazio (52). I ministri della Chiesa
sono illuminati per divenire buoni pastori e i fedeli sono fortificati per
divenire buon gregge. Nei due casi l'attività dello Spirito si rapporta alla
personalità di colui che ne è il portatore.
L'attività dello Spirito è ben più personale nella vita privata del
credente. Disceso su tutti i credenti egli tocca solo colui che è puro di cuore
come il sole non tocca che l'occhio che gode buona salute (53). Su questo punto
ci si rende conto delle tendenze ascetiche di Basilio.
L'illuminazione dello Spirito tocca prima l'anima e il cuore, poi
l'intelletto. La sua grazia, ineffabilmente unita alla personalità e
all'esistenza umana è una potenza di permanente rigenerazione in loro e li rende
spirituali e portatori dello Spirito (54). Così lo Spirito può essere designato
come l' eidos (55), che dona una forma all'uomo naturale, lo libera dalla
schiavitù dalle potenze e dalle necessità naturali e ne fa una personalità
libera con una metamorfosi piena di forza (56). L'uomo spirituale è reso
conforme all'immagine di Dio, ne è in qualche sorta l'immagine dello Spirito
(57) che, dunque, non trovandosi nella Trinità appare nell'umanità.
Dimorando nei santi, lo Spirito è da loro visto misticamente;
l'ignoranza originale è così superata esistenzialmente. Non manifesta ad essi
solo se stesso, manifesta anche la gloria del Figlio e la visione archetipa.
"Poiché noi vediamo la bellezza dell'immagine invisibile di Dio, dono allo
spettacolo soprannaturale degli archetipi, vi troviamo anche inseparabilmente
unito a Dio, lo Spirito di conoscenza che offre in se stesso il potere di vedere
l'immagine agli amanti della verità… Egli manifesta anche in se la gloria del
Figlio e offre la conoscenza di Dio ai veri adoratori" (58). Il fine del
pellegrinaggio dell'uomo spirituale è la visione del Dio triadico. Questo vuol
dire che chi ha già raggiunto un tal grado di perfezione può abitare con Dio,
essergli simile e divenire Dio (59). Attraverso l'attività del Santo Spirito
l'umanità è collegata alla Trinità.
Panagiotis Christou
Da
:myriobiblos/texts/italian
NOTE
* Pubblicato in Etudes Patristiques: Le traité sur le Saint Ésprit de Saint
Basile, Verbum Caro vol. XXII (n. 88), pp. 158-171.
1. SOCRATE, Hist. eccl., 2, 45;
PG 67, 360.
2. De Spir. Sancto, Cap. 20, 5l;
PG 32, 161.
3. Cap. 2, 4; PGf 32, 73.
4. Cap. 6, 13; PG 32, 88.
5. Cap. 29, 75; PG 32, 208 C.
6. 2 Cor. 13, 13. Cap. 25, 59; PG 32. 177.
7. Contra Eun. 3, 3.
PG 29, 661.De Spir, Sancto 24, 52;
PG 32, 164.
8. Cap. 24, 56; PG 32, 172.
9. Cap. 7, 16; PG 32, 93.
10. Contra Sab. et Ar. et Anom.
6; PG 31, 612 B.
11. De Spir. Sancto, Cap. 29,
72; PG 32, 201-208.
12. Cap. 27, 66; PG 32, 189.
13. Epist. 125, 3; PG 32, 549.
14. De Spir. Sancto, Cap. 10,
26; PG 32, 113.
15 Cap. 27, 68; PG 32, 193.
16. Cap. 11, 27; PG 32, 113-116.
17. Cap. 12, 28; PG 32, 117.
18. Cap. 15, 35; PG 32, 129.
19. Contra Sab. et Ar. et Anom.
5; PG 31, 609.
20. Epist. 125, 3; ?G 32, 549.
21. Sermo 34, 12; ?G 36, 252.
22. Epist. 234, 1; PG 32, 869.
Loeb, 3, p. 370-2.
23. De Spir.
Sancto, Cap. 26, 63; PG; 32, 184.
24. Contra Eun. 3, 2; PG 29, 660.
25. Ibid. 3, 6; PG 29, 668.
26. Catéch. 16, 4; PG 33,
921-924.
27. Oratio 41, 5; PG 36, 436.
28. Epist. 125, 3; PG 32, 549.
29. Epist. 236, 6; PG 32, 884.
Loeb, 3, p. 402. De Fide 4; PG 31, 685 ss.
30. Contra Sab. et Ar. et Anom.
7; PG 31, 616.
31. De Spir. Sancto, Cap. 18,
44-47; PG 32, 148-153.
32. Contra Sab. et Ar. et Anom.
5, PG 31, 609.
33. De Spir. Sancto, Cap. 11,
27; PG 32, 116.
34. Epist. 214, 4; PG 32, 789;
Epist. 236, 6; PG 32, 884, Loeb, 3.
35. Ibid. 214, 4; PG 32, 789.
36. Epist. 210, 4; PG 32, 773.
37. Epist. 125, 3; PG 32, 549.
38. Epist. 58; PG 37, 116.
39. Oratio 43, 69; PG 36, 589.
40. De Spir. Sancto, Cap. 18,
47; PG 32, 153.
41. Cap. 16, 38; P 32, 136. Cf. anche 8, 21;
PG 32, 105. Epist. p. 402.
42. De Spir. Sancto, Cap. 9, 23;
PG 32, 109, 26, 64; PG 32, 185. 18, 47; PG 32, 153.
43. Contra Sab. et Ar. et Anam.
6; PG 31, 613.
44. Contra Eun. 3, 7; PG 29,
669.
45. De Spir. Sancto, Cap. 18,
48; PG 32, 156.
46. Cap. 24, 55; P 32, 172.
47. Cap. 16, 38; PG 32, 136.
48. Cap. 16, 38; PG 32, 137.
49. Cap. 18, 42; PG 32, 157.
50. Cap. 16, 39; PG 32, 140.
51. Cap. 16, 40; PG 32, 141.
52. Cap. 26, 61; PG 32, 181.
53. Cap. 9, 23; PG 32, 109.
54. Ibid.
55. Cap. 21, 52; PG 32,165.
56. Cap. 26, 61; PG 32, 180.
57. Cap. 26, 61; PG 32, 180.
58. Cap. 18, 47; PG 32, 153.
59. Cap. 9, 23; PG 32, 109.
da
http://www.ortodoxia.it/san-Basilio-Santo-Spirito.htm
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