SPIRITO SANTO, SCRIGNO DI BENI E DATORE DI VITA
padre John Oliver
“Nello Spirito Santo c’è la “Nello Spirito Santo c’è la sorgente dei tesori divini; poiché da Esso proviene la saggezza, il timore e la comprensione. A Esso, perciò, vada la lode, la gloria, la potenza e l’onore”. Questo breve inno allo Spirito Santo tratto dalle Lodi Mattutine ci ricorda che le nostre benedizioni in definitiva vengono dall’esterno. “ I tesori divini” di cui noi godiamo non sono nostri per natura ma per grazia dello Spirito Santo. Questi tesori comprendono attributi descritti dall’apostolo Paolo: “ I frutti dello Spirito sono l’amore, la gioia,la pace, la pazienza, la gentilezza, la bontà, la fedeltà, la cortesia, il dominio di sé.” (Gal 5:22-23). Queste nove gemme abbelliscono chiunque le possegga – o piuttosto abbelliscono chiunque possiede lo Spirito Santo, poiché la vita cristiana non consiste nel raggiungere il frutto ma nell’acquisire lo Spirito. C’è una differenza tra frutto e Albero, tra tesoro e Re, tra dono e Donante. Il Cristiano riceve l’uno ma persegue l’altro. Il figliol prodigo fa ritorno all’abbraccio amorevole del padre, non al bel vestito, agli anelli, ai nuovi sandali o al vitello grasso. Il suo rapporto non è con i beni, ma con il padre. Prendi in considerazione il consiglio di san Serafino di Sarov: “ Acquisisci lo Spirito di pace e mille anime intorno a te saranno salvate”. Dapprincipio potremmo sentire San Serafino dire: diventa una persona pacifica; fai cose pacifiche. In realtà, fa appello a noi affinché acquisiamo lo Spirito Santo. Questa distinzione è importante? La preghiera allo Spirito Santo si riferisce a Lui come “scrigno di beni”, quindi raggiungere i frutti elencati da San Paolo è come cercare di vivere come Dio pur essendo entità a parte. Il fine della vita cristiana non consiste nel forzare i nostri comportamenti affinché rientrino nelle categorie di “amore”, “gioia”, “pace”, etc. Se ciò fosse vero, l’esperienza cristiana sarebbe semplicemente come pitturare una casa che necessita di nuove fondamenta o come cercare di migliorare il comportamento senza addomesticare il cuore. Un profondo cambiamento è necessario. La vita cristiana è divenire una nuova creazione in Cristo, un processo di rinnovamento giornaliero. Un tale rinnovamento interiore pone il cuore sotto il controllo dello Spirito Santo che allora concede a noi i doni di cui parla San Paolo secondo i Suoi tempi, la Sua misura, il Suo disegno e la Sua gloria. Senza lo Spirito Santo l’amore degenera in lussuria, sentimentalismo o mera compagnia. Cerchiamo l’altro per egoismo, insicurezza o solitudine; siamo motivati dai bisogni senza limiti. Bramiamo sentimenti intensi, anche drammatici. Invece di perseguire qualcosa di nobile, ci accontentiamo di emotività. Grazie allo Spirito Santo, l’amore rende buoni e anche santi sia chi lo dà sia chi lo riceve. Siamo dolcemente longanimi. Non invidiamo né ostentiamo né agiamo da tronfi ma ci rallegriamo nella verità e sopportiamo tutto, crediamo in tutto, speriamo in tutto e resistiamo a tutto. I rapporti nascono e crescono nella libertà. San Paolo scriveva nella seconda Lettera ai Corinzi: “ Dove c’è lo Spirito di Dio, c’è libertà”. Senza lo Spirito la gioia degenera nell’inseguimento del piacere, un passaggio attraverso la vita solamente per evitare il dolore, inseguendo solo la luce evitando l’oscurità che è così necessaria per la crescita spirituale. Impercettibilmente ci uniamo al tessuto di questo mondo passeggero e ai suoi conforti transitori. Vivendo alla ricerca di tempi tranquilli, cresciamo deboli. Con lo Spirito Santo la gioia non è forzata a divenire felicità. Siamo disposti a sacrificare il piacere e la felicità, di modo che la gioia, che non dipende così tanto dalle circostanze, possa venire fuori. Confidiamo sulle promesse di Dio che scorrono più in profondità di ogni cosa che affanna la superficie della vita. Sappiamo come rallegrarci con coloro che si rallegrano, non ricercando niente per noi stessi e non provando nessun senso di competizione. Acquisire lo Spirito Santo significa abbracciare la gioia e respingere i suoi surrogati. Senza lo Spirito Santo la pace degenera nell’evitare il conflitto. Ricerchiamo la tranquillità esteriore come una distrazione dai tumulti interni. Perdiamo i principi che vale la pena di difendere e le differenze che vale la pena di sottolineare. Sottovalutiamo l’attitudine umana al male, specialmente la nostra. Con lo Spirito Santo, la pace riserva il diritto ad un tipo speciale di violenza richiesta per impossessarsi del Regno di Dio (Mt 11:12). Dichiariamo guerra contro noi stessi, combattendo con calma contro le passioni che rifiutano di morire facilmente. Scopriamo una quiete interiore. Non reagiamo né siamo infastiditi. Cresciamo senza essere disturbati dai pensieri angoscianti non appena il cuore entra in uno stato di ascolto quieto. Poiché abbiamo accettato questo quieto martirio quotidiano, ci trasformiamo in contenitori di tranquillità che giova agli altri. Acquisire lo Spirito Santo significa divenire la pace che va oltre la comprensione. Senza lo Spirito Santo la pazienza degenera in accidia. Perdiamo la capacità di fare quello che bisogna fare quando bisogna farlo. Diventiamo tolleranti ai ritardi inopportuni; perdiamo la relazione fra giustizia e tempismo. Confondiamo la pigrizia per perseveranza. Siamo trascurati. Grazie allo Spirito Santo, la pazienza persegue, ma non in maniera affrettata, un risultato desiderato. Non forziamo un’agenda; facciamo resistenza ai nostri bisogno di controllare tutto. Esercitiamo la giusta moderazione al momento giusto nella giusta maniera. Capiamo che nessuno può distruggere la nostra pace interiore senza il nostro permesso. Confidiamo nei tempi di Dio e nel Suo modo di fare le cose. Accettiamo che il vero lavoro dell’anima è spesso lento, tranquillo, ordinario. Acquisire lo Spirito Santo significa discernere la differenza tra aspettare ed esitare. Senza lo Spirito Santo, la gentilezza degenera in una mancanza di determinazione. Perdiamo la capacità di dire no. Corrodiamo i limiti che definiscono la nostra personalità. Ci appaghiamo al di là di ciò che è salutare, anche favorendo l’auto-distruzione di un altro. Ci avviciniamo quando la distanza è richiesta e rimaniamo distanti quando la vicinanza è necessaria.. Dimentichiamo a cosa serve la rabbia. Grazie allo Spirito Santo la gentilezza non è sconfitta dalla fatica o dal pregiudizio o dalla lite. Ci rendiamo conto quando un conoscente dovrebbe rimanere tale e quando dovrebbe diventare un amico. Diventiamo generosi e non siamo sconvolti quando non c’è nulla in cambio. Siamo sinceri ma non crudeli; calorosi ma non seducenti. Acquisire lo Spirito Santo significa esprimere gentilezza anche se una tempesta di irritabilità può scatenarsi interiormente. Senza lo Spirito Santo la bontà degenera in semplice moralità. Ci concentriamo sul comportamento esterno e dimentichiamo la condizione del cuore. Confrontiamo noi stessi con gli altri e di solito ne usciamo favoriti. Ci compiaciamo di noi stesso. Diventiamo legalisti, superficiali e insipidi. Con lo Spirito Santo la bontà diventa empatia. Diventiamo sensibili verso coloro che sono nel bisogno, inclusi noi stessi. Aver ragione diventa meno importante che diventare retti. La nostra comprensione del bene trascende le tendenze contemporanee e i gusti culturali. Impariamo da dove viene il vero bene e dove conduce; distinguiamo le impronte di Dio. Acquisire lo Spirito Santo significa riconoscere Dio in tutto ciò che è buono e tutto ciò che è buono in Dio. Senza lo Spirito Santo la fedeltà degenera in inerzia. Preferiamo la prevedibilità al rischio, rimaniamo bloccati. Confondiamo la paura con la perseveranza. Perdiamo identità, energia e quelle qualità che ci distinguono. Perdiamo tempo, non realizziamo nulla, e non riusciamo a rendere il mondo un posto migliore grazie alla nostra presenza. Ci manca la lungimiranza. Grazie allo Spirito Santo la fedeltà significa che noi non diventiamo paralizzati ma fermi. Le distrazioni non raggiungono un cuore che rimane in uno stato di ascolto costante, cosicchè quando Dio ci dice di agire, agiamo. Lo seguiamo dove ci conduce, essendo disposti anche ad entrare nell’oscurità. Siamo obbedienti ma liberi, soffriamo volontariamente. Scegliamo la via di Dio anche quando nessuno ci sta guardando. Acquisire lo Spirito Santo significa considerare la fede come inseparabile dalla fedeltà. Senza lo Spirito Santo, la cortesia degenera in mancanza di limiti. Perdiamo forza di volontà; diventiamo passivi. La sicurezza di sé appare troppo come aggressività e la risolutezza troppo come violenza. Gli uomini, quando hanno paura, diventano prudenti, tristi, deboli; le donne si lasciano andare alla timidezza, al sentimentalismo ed all’autoprotezione. Grazie allo Spirito Santo, la cortesia diventa ospitalità. Dominiamo noi stessi e creiamo spazio per gli altri per crescere in mezzo a noi. Impariamo ad evitare di imporci sugli altri, fisicamente, nella volontà e nelle opinioni. Usiamo un tocco leggero se serve a mettere la gente a proprio agio e un tocco pesante quando è necessario, ma con delicatezza. Il silenzio non disturba più ma alimenta. Acquisire lo Spirito Santo significa sfruttare la forza della mansuetudine. Senza lo Spirito Santo l’autocontrollo degenera in autosoffocamento. Perdiamo vitalità; perdiamo la forza vivificante della vita. Cresciamo rigidi, legalisti e indietreggiamo di fonte a ciò che appare incontrollabile. Gli obiettivi propri della disciplina si perdono mentre la disciplina diventa essa stessa l’obiettivo. Intimidiamo gli altri e provochiamo il loro sospetto. Grazie allo Spirito Santo, l’autocontrollo ci fa diventare un chiaro strumento di Dio. Adottiamo il digiuno e la preghiera e capiamo il ruolo del corpo per acquisire o perdere la salvezza. La moderazione è considerata come forza e non come debolezza. Poiché non appaghiamo il nostro io né lo perseguitiamo, possiamo trattenerci o lasciarci andare a seconda dell’occasione. Grazie all’intervento dello Spirito Santo, la tirannia della carne genera forza di volontà. La preghiera allo Spirito Santo invoca “lo scrigno di beni” a “venire e a dimorare in noi”. Non ci avviciniamo a Dio come ad una slot machine celeste, nutrendoLo con giuste preghiere e buoni propositi al fine di guadagnare una vincita di favori da ricevere in cambio. Siamo, invece, come bambini che, mentre cresciamo e maturiamo, scopriamo che la nostra vera relazione non è stata con i doni ricevuti dal nostro Creatore ma col Creatore stesso. Per mantenere questa relazione viva, Dio potrebbe concederci i Suoi doni in parte e riprenderseli per una stagione. “Perché le lingue sono apparse divise fra i discepoli ?” chiede San Gregorio Palamas: “Perché lo Spirito è dato con misura dal Padre a tutti eccetto che a Cristo. Ognuno ha ricevuto doni diversi per evitare che qualcuno potesse supporre che la grazia data ai Santi dallo Spirito Santo fosse loro di natura” ( San Gregorio Palamas, Le Omelie, edito e tradotto da Christopher Veniamin). E quando la grazia discende sull’anima pronta, la scatola dei tesori trabocca. Il nove non è più un numero ma un simbolo dei doni innumerevoli che provengono dallo Spirito Santo. San Serafino di Sarov ci ha consigliato di “acquisire lo Spirito di pace” ma ci ha dato anche un radioso esempio di cosa significhi acquisire lo Spirito. I tesori materiali luccicano ma, come rivela la sua esperienza dello Spirito Santo, non tanto quanto la persona che acquisisce pienamente l’immateriale “tesoro delle buone cose”, un’acquisizione che, secondo san Serafino, comincia dall’esperienza purificante dell’acqua battesimale. padre John
Oliver
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