Padre Matteo La Grua

Settanta anni di sacerdozio, una vita di benedizioni

 

pagina da: RnS Italia
 

Riportiamo un estratto del testo della monizione ambientale dettata dal presidente nazionale del RnS, Salvatore Martinez, in occasione della Celebrazione Eucaristica per i 70 anni di sacerdozio del p. Matteo La Grua. Stretti intorno a questo “patriarca” del Rinnovamento nel mondo, oltre duemila persone, convenute nel Centro Diocesano “Gesù Liberatore”, hanno partecipato commosse al sacro rito che lo stesso P. Matteo ha presieduto con l’intensità di fede di sempre.

A seguire, offriamo una poesia di P. Matteo La Grua, intitolata La candela, contenuta in un’antologia di liriche da lui composte ed edite nel libro “Oltre le cose”, Palermo 2007, Edizioni Amen.


 

Monizione ambientale

del Presidente nazionale del RnS Salvatore Martinez,

in occasione della Celebrazione Eucaristica

presieduta dal p. Matteo La Grua

nella ricorrenza del 70° anno di ordinazione presbiterale

 

 

Carissime sorelle, carissimi fratelli,

 

nell’introdurre questa nostra Eucaristia di ringraziamento al Signore, per i settanta anni di ordinazione presbiterale di P. Matteo La Grua, non  provo neanche a “srotolare il tappeto” della sua vita sacerdotale: questo luogo non sarebbe capace di contenerne l’estensione, né questa città, né questa Regione.

 

Desidero oggi richiamare la grazia e la necessità del sacerdozio; quale grande fortuna è il prete per la Chiesa e per il mondo; quale benedizione si manifesta nel dono sacerdotale di P. Matteo.

 

Dobbiamo, intanto, dire con la Madonna: “Magnificat anima mea Dominum”. Siamo chiamati a ringraziare il Signore per il grande mistero che oggi si compie. Il memoriale del sacerdozio che viviamo in questa Celebrazione ci riguarda, deve coinvolgerci più di quanto le nostre attese potrebbero manifestare. Qui protagonista è Cristo, la Sua Chiesa, il Suo Spirito. Oggi, guardando al sacerdozio di P. Matteo, protagoniste sono le anime, la loro salvezza, il loro destino glorioso.

 Padre Matteo La Grua a Rimini

Il sacerdote è destinato alle anime. Ministro delle anime segna il loro destino eterno. Sacro per le cose sacre: è tutta qui la sua vocazione. Pertanto, qui festeggiamo “i primi” settanta anni di sacerdozio di P. Matteo. 25567 giorni secondo il calendario umano. Una cifra enorme. Ma secondo il “calendario divino” le cose stanno diversamente: per il Signore la nostra vita è come un solo giorno, una vigilia della nostra eternità. Lo stesso immutabile giorno, anticipo, preludio del cielo.

 

Settanta anni di sacerdozio. Festa della perseveranza e della fedeltà, divina e umana; festa che congiunge il cielo e la terra. Un’occasione propizia dello Spirito, che ci ricorda che dobbiamo “rimanere” discepoli dell’amore, sempre. Oggi, P. Matteo celebra questa Eucaristia come se fosse la prima, perché mai ce ne sarà “un’ultima”: eterno è l’amore che lo ha generato; eterno è l’amore che lo ha sfamato e con cui ha sfamato migliaia e migliaia di uomini e di donne su questa terra.

 

Il sacerdozio non è dignità e potere a vantaggio di chi lo riceve. La causa del sacerdozio è il popolo di Dio e la santificazione di ogni membro del popolo di Dio. Ecco perché oggi è la nostra festa. È la festa del popolo di Dio il sacerdozio. Festa dell’umanità che non spera invano, che non vive senza meta.

 

Oggi, nel miracolo dell’Eucaristia, si rinnova il miracolo del sacerdozio, così “alto, lungo, largo, profondo” come quello di P. Matteo. Roba da perdere la testa se non ci sorreggesse la Parola del Signore: “Io sono con voi, sempre, fino alla fine dei tempi”. E se Lui è con noi, tutto diventa possibile!

 

Guardando a P. Matteo, noi possiamo gridare: “Non è la scienza che salva il mondo”, ma la santità. Una santità di genio, come quella che P. Matteo non si stanca di testimoniare. Di quale genio parliamo? Il genio creativo e rinnovatore dello Spirito, che rende il sacerdote sempre novello, felice come nel giorno della sua prima Messa. Il genio dello Spirito, che rende la Chiesa sempre affamata di verità, assetata di carità, mai stanca di predicare, mai arresa dinanzi al male, mai immobile, una Chiesa che non conta gli anni, ma che si sente sempre vergine, sempre giovane, perché eterna.

 

Il ministero del sacerdote è un ministero tutto spirituale. Anche quando si occupa degli uomini che sono sulla terra, lo fa perché sottomesso allo Spirito Santo. P. Matteo è per noi la testimonianza di una vita immersa nelle realtà dello Spirito.

 

“Seguire il Signore, seguire il Vangelo, seguire la Chiesa, seguire il RnS”: quattro consegne discendono dalla testimonianza sacerdotale di P. Matteo. Questo è stato e vuole essere il nostro programma di vita, che sempre P. Matteo ci addita. Mai da soli. Sempre uniti, sempre docili allo Spirito e al suo potere. Questa la lezione, umile ma convincente, semplice ma sapiente che P. Matteo continua a testimoniarci nella sua inesauribile giovinezza spirituale e che ha contagiato di fede carismatica la nostra vita. Se siamo qui è perché non abbiamo sbagliato strada: siamo ancora in vita, perché abbiamo imparato a credere e a vivere. Siamo qui perché non abbiamo davvero niente di meglio da fare che lodare e ringraziare il Signore per i miracoli che compie!

 

Per non vivere male, bisogna vivere bene il Vangelo, cioè il Vangelo secondo lo Spirito Santo. Non secondo gli uomini, non secondo la psicologia o la sociologia, che cercano giustificazioni a tutti i nostri limiti. Ma il Vangelo secondo lo Spirito Santo, cioè nella potenza dello Spirito, che in noi si manifesta, che sublima i nostri limiti umani e che attraverso di noi cambia la storia.

 

Osservando P. Matteo una certezza affiora spontanea: Dio non vuole un cristianesimo mediocre! Cristo vuole dei giganti al suo seguito! Il tempo in cui viviamo, ogni tempo reclama eroi e santi. Oggi vogliamo dire: “se i sacerdoti fossero santi, la nostra generazione non sarebbe quello che è”.

 

In un mondo che sta perdendo totalmente la capacità della comprensione delle cose spirituali, la riflessione sulla vita sacerdotale diventa un argomento decisivo. E giorni come questi riempiono l’anima di speranza. Il mondo corre; noi dobbiamo affrettare il nostro passo se non vogliamo che ci sfugga. Il tempo si è fatto breve. La croce si è fatta grave.

 

Come sarebbe bello sentire dire, come molti di noi possono testimoniare di se stessi: “Io credo a Dio perché ho incontrato un prete”.

 

“Ho bisogno di parlarvi, ho bisogno di sentirvi e di vedervi, ho bisogno di voi”. Queste sono le parole di un “malato nello spirito” rivolte ad un ministro di Dio. Per chi non le ricordasse, sono le parole che Alessandro Manzoni, nei suoi Promessi sposi, fa rivolgere dall’Innominato al card. Federico Borromeo.

 

“Ho bisogno di voi”. “Abbiamo bisogno di sacerdoti”: ecco il grido della gente. È la fede nel sacerdozio della Chiesa. Il popolo di Dio cerca sacerdoti e non li trova. Cerca carità sacerdotale, fede sacerdotale, misericordia sacerdotale, riconciliazione sacerdotale, potere sacerdotale e non li trova.Padre Matteo La Grua

 

Tu, p. Matteo, hai amato con il cuore di Gesù, bruciato dalla fiamma della consacrazione sacerdotale. Hai mantenuto l’anima ardente e annunciato la Parola come “pane cotto” dallo Spirito Santo. Hai saputo godere di Dio, con gli occhi “incuriositi” dalle novità, sempre aperti  alla meraviglia. Il tuo sacerdozio ci insegna, ci raccomanda di non perdere mai lo stupore.

 

Che Cristo sarebbe, altrimenti, un Cristo che non ci fa palpitare il cuore, che non ci fa piangere e ridere, che non ci fa gioire e soffrire, danzare e adorare? Cristo è vivo, vive in mezzo a noi, si è fatto uno di noi! Che Cristo sarebbe un Cristo che non si prende cura di noi, che non salva, libera, guarisce, consola ancora? P. Matteo, è questo il Cristo che ci hai fatto amare e che sempre, senza sosta, ti procuri di svelarci. Con un cuore grande, un cuore paterno, un cuore materno, un cuore sacerdotale.

 

Per questo la nostra vita di fede, la nostra esperienza nel RnS può e deve definirsi “una storia d’amore”: ogni fratello un volto, uno dei tanti, infiniti volti dell’amore di Dio.

 

Il sacerdote è l’uomo del fervore spirituale, che ci insegna a porre le nostre menti, i nostri cuori, i nostri corpi in continuo “movimento spirituale”: protesi verso il cielo e la terra, mai seduti, mai ripiegati, mai rintanati lontano da fratelli.

 

Questa è, in fondo, “la Messa” del sacerdote e, mediante il suo ministero, la nostra Messa: è la missione del Messia, il proiettarsi nella storia, il vincere il male con il bene, il proteggere l’orfano e la vedova, il rinfrancare i cuori, il ristorare i corpi.

 

Questo è il movimento dello Spirito: un osare sempre, un andare con incrollabile fede. Che Messa smisurata ci è dato di celebrare!

 

Il sacerdote è un uomo “espropriato”. È un uomo “di destino”, poiché dalla sua vita discende il futuro della gente. Infatti: se il sacerdote rallenta, il popolo di Dio si ferma. Se si indebolisce, il popolo di Dio molla. Se si siede, il popolo di Dio si corica. Se dubita, il popolo di Dio si dispera. Se critica, il popolo di Dio demolisce.

 

Ma se il sacerdote cammina avanti, allora il popolo di Dio lo supera. Se dà la mano, il popolo di Dio darà la pelle. E se prega… allora ecco che fioriscono i santi!

 

“Non basta essere di Dio. Bisogna essere Dio”. Questa la definizione che dava del sacerdozio il Santo Curato d’Ars. Essere Dio ed essere uomo. Essere Dio sapendo di essere fatti di terra.

 

“Sacerdoti, ve ne scongiuriamo: siate santi! Se siete santi voi, noi con voi saremo santi. Se non siete santi voi, quanto sarà difficile avere uomini e donne, papà, mamme, figli santi!”.

Sacerdoti che stiano ai piedi dell’altare, che insegnino prima a stare in ginocchio se si vuole stare in piedi, senza crollare dinanzi ai guai della vita. Sacerdoti: uomini del tabernacolo e non dei tavolini. Sacerdoti: uomini dell’altare e non dei convivi umani.

 

Diceva Sant’Agostino: “La dignità sacerdotale è così pesante da far paura alle spalle di un angelo”. E Santa Teresa baciava la terra sulla quale era passato un prete.

 

Continua a “passare” in mezzo a noi, caro P. Matteo. Tu ci appartieni, perché il tuo sacerdozio è nostro. Possano le tue “orme”, ancora, segnare i nostri cuori, la storia di questa Arcidiocesi palermitana, la storia del RnS.

 

Ti amiamo, P. Matteo. Il RnS tutto ti ama. In te ammiriamo la meravigliosa opera di Cristo; con te vogliamo continuare a “gustare” le cose celesti che lo Spirito ha preparato per noi.

 

Ancora mille e mille di queste Messe! Amen, Alleluja!

 


 

LA CANDELA

(P. Matteo La Grua)

 

 

La mia stanza è una chiesa,

il letto mio un altare,

io una candela accesa

che si sta a consumare.

 

Si consuma, ma ignora

Quanto ancora le resta:

saran due, sarà un’ora?

Essa scuote la testa,

 

e batte celermente

in quella oscurità

le ciglia sonnolente,

come a dir: Chi lo sa?

 

Poi si raddrizza e tace,

ed arde senza pianto;

è intenta in quella pace

ad ardere soltanto.

 

Nell’ombra di una chiesa,

sopra un modesto altare,

c’è una candela accesa

che si sta a consumare.

 

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